Capitolo 5
EVIDENZE BIOCHIMICHE SUL RUOLO DELLA DOPAMINA NELLA DISTIMIA

5.1 MODELLI ANIMALI DI DEPRESSIONE
 5.1.1 DEPRESSIONE IN SEGUITO ALLA SOSPENSIONE DI PSICOSTIMOLANTI ASSUNTI CRONICAMENTE
 5.1.2 LIEVI STRESS CRONICI NON PREVEDIBILI
5.2 TRATTAMENTI CON ANTIDEPRESSIVI E DOPAMINA MESOLIMBICA
 5.2.1 MECCANISMI D'AZIONE: FACILITAZIONE POSTSINAPTICA E MODIFICAZIONE DELLE FUNZIONI DI SINTESI, RILASCIO ED IN ATTIVAZIONE DELLA DOPAMINA
 5.2.2 MECCANISMI D'AZIONE: AUTORECETTORI E RECETTORI POSTSINAPTICI
5.3 DOPAMINA, MONOAMMINE E DEPRESSIONE: EVIDENZE CONTRASTANTI
 5.3.1 I DATI SULLA CONCENTRAZIONE DELLE MONOAMMINE E DEI LORO METABOLICI NEI TESSUTI
 5.3.2 RESERPINA E DEPRESSIONE
 5.3.3 MORBO DI PARKINSON E DISTIMIA
 5.3.4 BLOCCANTI DELLA RICATTURA DELLA DOPAMINA E BLOCCANTI DEGLI AUTORECETTORI DOPAMINERGICI

5.1 MODELLI ANIMALI DI DEPRESSIONE

 

5.1.1 DEPRESSIONE IN SEGUITO ALLA SOSPENSIONE DI PSICOSTIMOLANTI ASSUNTI CRONICAMENTE

Nell'uomo subito dopo la sospensione dell'uso cronico di cocaina ed amfetamina, compare una sindrome d'astinenza caratterizzata da letargia, fatica, disforia ed umore depresso (lxi,lxii,lxiii,lxiv,lxv). Anche nei ratti in astinenza dopo la somministrazione cronica delle stesse sostanze si verifica una sindrome comportamentale caratterizzata da ipomobilità, ridotta sensibilità agli effetti rinforzanti della autostimolazione intracranica ed avversione condizionata a determinati ambienti (lxvi,lxvii,lxviii).
Diversi studi hanno dimostrato che l'astinenza da morfina, cocaina ed amfetamina croniche, è associata con un ridotto rilascio di dopamina nello striato ventrale, il che suggerisce come una riduzione della neurotrasmissione dopaminergica potrebbe essere responsabile degli effetti soggettivi associati con l'astinenza da queste sostanze (lxix,lxx,lxxi,lxxii).

5.1.2 LIEVI STRESS CRONICI NON PREVEDIBILI

Nei ratti l'esposizione cronica a stress lievi causa una ridotta sensibilità ai rinforzi positivi, il che è considerato un segno simile all'anedonia, un sintomo specifico della depressione. Questo effetto comportamentale nei ratti è associato ad una ridotta risposta da parte dei recettori dopaminergici D2/D3 nel nucleus accumbens. Sia la risposta comportamentale che la ridotta sensitività recettoriale sono riportati alla norma dal trattamento cronico con antidepressivi classici e della nuova generazione (lxxiii).
E' interessante notare che nel modello degli stress lievi e cronici, i recettori dopaminergici postsinaptici sono iposensibili mentre il rilascio di dopamina non è ridotto, mentre nel modello da astinenza da psicostimolanti si verifica una inibizione del rilascio di dopamina associata con una supersensibilità dei recettori dopamina postsinaptici. Questi risultati suggeriscono che la riduzione della trasmissione dopaminergica può essere prodotta da diversi meccanismi. La presenza di iper o iposensibilità a livello dei recettori dopaminergici postsinaptici può spiegare la presenza o l'assenza di sintomi psicotici, come i deliri o l'agitazione, in differenti stati depressivi e la facilità o la resistenza dei viraggi dalla depressione alla mania.
Nel modello della "learned helplessness", l'animale già esposto ad uno evento spiacevole che non si trova sotto il suo controllo o dal quale non può fuggire, come una scarica elettrica, diventa in seguito incapace di sottrarsi ad uno stimolo spiacevole anche se è in grado di farlo, rimanendo passivo, immobile e mostrando diversi disturbi somatici. Nel modello del "behavioural despair" viene prodotto uno stato di immobilità dopo aver forzato il ratto a nuotare in uno spazio confinato. L'immobilità della learned helplessness è soppressa e quella del behavioural despair è ritardata dal trattamento cronico con antidepressivi nuovi o classici o dall'Elettroshock (ECT) (lxxiv,lxxv). Sia la learned helplessness che il behavioural despair sono associati rispettivamente con una riduzione del contenuto (lxxvi) e del rilascio (lxxvii) di dopamina nel nucleus accumbens.
Inoltre, il ridotto numero di fughe in seguito ad una scarica elettrica è esacerbato o riprodotto dal blocco dei recettori dopaminergici (soprattutto D1) mentre è antagonizzato dagli agonisti dopaminergici. Simili risultati sono stati ottenuti con agonisti e antagonisti dopamina nei confronti dei tempi di immobilità nel behavioural despair test.

5.2 TRATTAMENTI CON ANTIDEPRESSIVI E DOPAMINA MESOLIMBICA

L'obiezione più comune all'ipotesi dopaminergica della depressione è che farmaci antidepressivi clinicamente efficaci inibiscono la ricattura della serotonina e/o quella della noradrenalina, ma non della dopamina. Tuttavia, numerosi esperimenti hanno messo in evidenza come il blocco della ricattura della serotonina e/o noradrenalina avvenga, in vitro e in vivo, immediatamente dopo il trattamento acuto mentre l'effetto clinico antidepressivo avviene dopo 2-4 settimane dando conforto al fatto che l'effetto antidepressivo potesse dipendere non dal blocco della ricattura per se ma, piuttosto, ad altri fenomeni di "adattamento" che portassero al potenziamento della trasmissione dopaminergica come risultato comune a diversi trattamenti antidepressivi.
In questo senso, le prime osservazioni di Serra e collaboratori avevano suggerito che il trattamento cronico con antidepressivi o anche con ripetuti elettroshock (ECT) (lxxviii) potenziasse la trasmissione dopaminergica. Numerosi studi condotti nell'ultimo decennio hanno chiaramente documentato che questo tipo di trattamenti attivano la trasmissione dopaminergica e che tale effetto è selettivo per il sistema mesolimbico, cioè per il sistema coinvolto nel controllo dei meccanismi di gratificazione e ricompensa (88).Venne notato che una proprietà comune degli antidepressivi clinicamente efficaci, indipendentemente dal loro effetto acuto sulla ricattura della serotonina o della noradrenalina, era quella di potenziare dopo trattamento cronico la trasmissione dopaminergica, misurabile utilizzando uno specifico agonista del recettori D2 come il quinpirolo (lxxix,85). Così, dopo trattamento cronico, differenti tipi di antidepressivi sia classici che di nuova concezione (e.g. fluoxetina,(lxxx)) potenziano gli effetti psicostimolanti degli agonisti dopaminergici diretti o indiretti, come ad esempio l'apomorfina, l'amfetamina e la cocaina (lxxxi,lxxxii). Per quanto riguarda la risposta clinica questo potenziamento avviene solo dopo trattamento cronico ma non in acuto, si stabilisce progressivamente e persiste per lungo tempo dopo la sospensione del trattamento (lxxxiii). Il potenziamento è selettivo per quelle risposte comportamentali che sono mediate dai recettori D2 nel nucleus accumbens, come ad esempio l'attività esploratoria. Al contrario il trattamento cronico con gli antidepressivi non potenzia le stereotipie indotte da agonisti dopaminergici, che dipendono dall'iperattività del sistema dopaminergico nigrostriatale.

5.2.1 MECCANISMI D'AZIONE: FACILITAZIONE POSTSINAPTICA E MODIFICAZIONE DELLE FUNZIONI DI SINTESI, RILASCIO ED IN ATTIVAZIONE DELLA DOPAMINA

Dato che il trattamento cronico con antidepressivi non altera il numero dei recettori D2 ma aumenta la Bmax dell'adenilato ciclasi nel nucleus accumbens (lxxxiv), ma non nel nucleo caudato, venne suggerito che cambiamenti distali ai recettori D1 potessero essere responsabili della sensibilizzazione dei recettori D2. L'attivazione dei recettori D1 viene considerata necessaria perché avrebbe un ruolo facilitatorio sulla trasmissione dopaminergica D2 (lxxxv,lxxxvi) e venne suggerito che agonisti al livello dei recettori D1 potessero essere degli efficaci antidepressivi (lxxxvii,lxxxviii). La facilitazione della trasmissione dopaminergica è prodotta da trattamenti antidepressivi (lxxxix), anche non farmacologici come ECT (85) ripetuti o deprivazione cronica di sonno (xc). Di recente esperimenti di microdialisi hanno dimostrato come il trattamento cronico con imipramina (80) e desipramina (xci) aumenta in modo marcato il rilascio di dopamina nel nucleus accumbens indotto da cocaina e amfetamina. Ciò suggerisce che questi trattamenti oltre che produrre una facilitazione postsinaptica della trasmissione dopaminergica, modificano i meccanismi che controllano la sintesi, il rilascio e l'inattivazione della dopamina.

5.2.2 MECCANISMI D'AZIONE: AUTORECETTORI E RECETTORI POSTSINAPTICI

Per spiegare il potenziamento degli effetti stimolanti dei farmaci dopamino-agonisti un'ipotesi ha postulato una possibile iposensibilità e una conseguente attenuazione degli effetti sedativi dovuti alla stimolazione degli autorecettori (xcii). Un'altra ipotesi, viceversa, sostiene che gli antidepressivi provocano un'ipersensibilità dei recettori post-sinaptici eccitatori, indipendentemente dal fatto che il loro numero rimanga invariato (xciii). Una possibile spiegazione per l'apparente incongruenza tra queste due ipotesi è stata fornita indirettamente da uno studio che ha dimostrato come l'attività della TH dopo trattamento cronico con imipramina dipenda dalla linea di ratti utilizzata (xciv), una variabile che non era stata considerata negli studi di cui abbiamo riferito. Un aumento della trasmissione dopaminergica a livello dei recettori D1 si tradurrebbe in un potenziamento delle risposte mediate da quelli D2-D3 (xcv). Tale potenziamento potrebbe essere dovuto sia ad un aumento della liberazione di dopamina nello spazio sinaptico sia ad un potenziamento a livello del sistema di trasduzione del recettore. Coerentemente con l'ipotesi di un aumento della neurotrasmissione a livello D1, la diminuzione del numero di questi recettori (xcvi) e del loro mRNA (xcvii), osservabile dopo trattamento cronico con antidepressivi, può considerarsi un meccanismo adattativo di fronte ad un eccesso di stimolazione.

5.3 DOPAMINA, MONOAMMINE E DEPRESSIONE: EVIDENZE CONTRASTANTI

Se quindi attivare la trasmissione dopaminergica significa ottenere un effetto antidepressivo, è logico supporre che un deficit di trasmissione dopaminergica sia associato con la depressione e che, invece, un'iperattività di questa monoamina possa essere associata alla mania. Più specificamente si può pensare, che il deficit di trasmissione dopaminergica associato con la depressione, o responsabile di alcuni suoi sintomi, riguardi il sistema mesolimbico.
L'ipotesi sul ruolo delle monoamine nella patogenesi della depressione ha stimolato numerosissimi studi clinici mirati a dimostrare un deficit di trasmissione monoaminergica nei pazienti depressi. I risultati di questi studi hanno tuttavia fornito fino ad oggi dati molto spesso contrastanti e quindi scarsamente indicativi per individuare le disfunzioni neurochimiche associate alla depressione. Tra le cause di questi risultati clinici contraddittori, oltre a problemi di tipo metodologico, vi é probabilmente il fatto che con il termine depressione si sono spesso indicate sindromi cliniche diverse o in diverso stadio evolutivo, e quindi con differenti substrati biologici.

5.3.1 I DATI SULLA CONCENTRAZIONE DELLE MONOAMMINE E DEI LORO METABOLICI NEI TESSUTI

I primi studi hanno cercato di individuare nei pazienti depressi alterazioni della funzione monoaminergica attraverso la misurazione delle concentrazioni delle monoamine e/o dei loro principali metaboliti nel liquido cefalorachidiano, nel plasma, nelle urine, o nel cervello post-mortem di vittime di suicidio. In queste ultime la maggior parte degli studi ha evidenziato una diminuzione delle concentrazioni di serotonina e del suo principale metabolita. Negli studi sulle concentrazioni delle monoamine e/o dei loro metaboliti nei liquidi biologici si sono osservate diminuzioni, aumenti o nessuna variazione.
Altre ricerche sono state condotte utilizzando come spia della funzione monoaminergica centrale la misurazione dei livelli circolanti di alcuni ormoni, la cui liberazione é regolata a livello del S.N.C. dalla noradrenalina (sistema noradrenergico, sistema noradrenergico connessioni del nucleus coeruleus), serotonina o dopamina. Con questi metodi si é cercato anche di mettere in evidenza eventuali alterazioni della funzione dei recettori monoaminergici nei pazienti depressi. I recettori delle monoamine o dell'imipramina nei pazienti depressi sono stati studiati anche direttamente con le tecniche di binding, soprattutto nelle piastrine o nei leucociti. Anche i risultati di questi studi non permettono attualmente di poter individuare un'alterazione neurobiologica nell'uomo che possa considerarsi tipica della depressione. Mentre questi studi hanno utilizzato la misurazione di "parametri periferici" come spia della funzione monoaminergica centrale, lo sviluppo di moderne tecnologie oggi ha reso possibile lo studio diretto del cervello dell'uomo durante le diverse fasi di malattia.

5.3.2 RESERPINA E DEPRESSIONE

Abbiamo già accennato della reserpina come farmaco capace di provocare depressione nell'uomo e della sua capacità di svuotare sia i neuroni dopaminergici che quelli serotoninergici e noradrenergici del loro contenuto di neurotrasmettitori. Alla base quindi della patologia depressiva causata dalla reserpina vi è anche un deficit di trasmissione dopaminergica. Altri farmaci che possono talvolta causare depressione sono i neurolettici, composti che provocano un deficit di trasmissione dopaminergica perché bloccano i recettori della dopamina.

5.3.3 MORBO DI PARKINSON E DISTIMIA

Probabilmente però, una delle evidenze più convincenti che una diminuita funzione dopaminergica sia associata alla distimia viene dall'osservazione che la stragrande maggioranza dei pazienti con Morbo di Parkinson soffre anche di distimia (xcvii). Il Morbo di Parkinson infatti è dovuto alla degenerazione dei neuroni dopaminergici del sistema nigrostriatale che fa parte del sistema extrapiramidale. Sebbene alcuni autori abbiamo interpretato la patologia depressiva associata al Parkinson come una reazione alla malattia fisica, la maggior parte ritiene invece che la depressione si manifesta anche quando i sintomi fisici non sono ancora tanto gravi da giustificare una reazione depressiva o addirittura che in alcuni casi la depressione preceda la comparsa dei disturbi neurologici.

5.3.4 BLOCCANTI DELLA RICATTURA DELLA DOPAMINA E BLOCCANTI DEGLI AUTORECETTORI DOPAMINERGICI

Oltre agli antidepressivi classici che, come abbiamo visto, attivano la trasmissione dopaminergica, anche altri farmaci dopaminergici hanno una provata efficacia come antidepressivi. Basti ricordare i bloccanti selettivi della ricattura della dopamina come la nomifensina e il bupropione. Contrastanti sono invece i risultati sulla efficacia clinica degli agonisti indiretti o diretti dei recettori della dopamina, come per es. la L-DOPA, il piribedil e la bromocriptina. In questo caso tuttavia bisogna ricordare che questi farmaci, a causa degli effetti collaterali, non possono essere somministrati ad alte dosi e che la stimolazione aspecifica dei recettori dopaminergici, attivando gli autorecettori, può addirittura causare un effetto opposto. Un effetto cioè antimaniacale o addirittura depressogeno, come si è osservato nel caso dell'apomorfina. Questo farmaco infatti, somministrato a dosi non emetiche, ha un effetto antipsicotico e può provocare depressione.
Il blocco preferenziale o selettivo degli autorecettori può invece causare un'attivazione della trasmissione dopaminergica ed aver un effetto antidepressivo. Con questo meccanismo si può, per esempio, spiegare l'effetto antidepressivo dell'amisulpride, un bloccante selettivo dei recettori di tipo D2 che, a basse dosi, blocca preferenzialmente gli autorecettori e potenzia la trasmissione dopaminergica mesolimbica.