Il fatto che la distribuzione dei neuroni
e delle fibre dopaminergiche nel S.N.C. fosse profondamente diversa da quella
delle altre catecolamine (adrenalina e noradrenalina) suggerì che questa sostanza
potesse non essere solo un precursore delle altre due. In realtà più della metà
del contenuto in catecolamine del S.N.C. è costituito da dopamina. Grandi quantità
si trovano nel gangli della base, soprattutto nel caudato-putamen, nell'accumbens,
nel tubercolo olfattorio, nel nucleo centrale dell'amigdala, nell'eminenza mediana
e in alcune zone della corteccia frontale.
Nessun altro sistema neuronale ha ricevuto tanta attenzione negli ultimi 20
anni quanto quello dopaminergico (xxiv). La trasmissione
dopaminergica i cui neuroni originano nel mesencefalo è infatti quella maggiormente
coinvolta nelle ipotesi dei deficit sensomotori, nei disturbi affettivi e psicotici
e nella fisiopatologia delle sostanze d'abuso. I neuroni dopaminergici del mesencefalo
sono suddivisi in tre gruppi, denominati A8, A9 e A10, che si estendono dalla
pars lateralis (A8), in direzione rostromediale verso la pars compacta (A9)
della substantia nigra sino alla VTA
(A10) nella parte anteriore della formazione reticolare.
Storicamente le efferenze di questi gruppi cellulari sono state utilizzate
per definire la nomenclatura del sistema dopaminergico: il sistema nigro-striatale,
che origina nelle cellule A9 e proietta verso lo striato, ed il sistema "mesolimbico"
- definito successivamente mesolimbicocorticale - i cui neuroni originano nell'area
A10 e proiettano verso strutture associate con il sistema limbico, la cui parte
principale è costituita dal nucleus accumbens,
mentre altre proiezioni sono rappresentate nel tubercolo olfattorio, nel setto
laterale, nel nucleo della stria terminale, nell'ippocampo,
nell'abenula, nell'amigdala e nella
corteccia entorinale.
La via mesolimbica, proietta dal mesencefalo
alle aree limbiche del cervello, e si pensa controlli il comportamento e in
modo particolare produca deliri ed allucinazioni quando iperattiva. Quando queste
vie vengono inattivate dal blocco ei recettori dopaminergici postsinaptici,
si è pensa che si riducano deliri ed allucinazioni. Quando queste vie vengono
attivate da farmaci stimolanti, schizofrenia, mania, depressione, o disturbi
cognitivi, il risultato è lo stesso, cioè deliri ed allucinazioni.
Un'altra importante via dopaminergica nel cervello è quella nigrostriatale,
che controlla i movimenti. Quando i recettori dopaminergici vengono bloccati
nelle proiezioni postsinaptiche di questo sistema, si producono disturbi del
movimento molto simili a quelli del morbo di Parkinson, che spiega il perchè
questi movimenti vendono talvolta chiamati parkinsonismo
farmaco-indotto.
Poichè la via nigrostriatale proietta ai gangli della base, una parte del sistema
neuronale extrapiramidale del SNC, gli effetti collaterali associati al blocco
dei recettori dopaminergici di quell'area sono talvolta chiamati reazioni extrapiramidali
(EPR).
Da un punto di vista descrittivo, si tratta di una rigidità priva di movimenti
chiamata "neurolepsi". Il termine "neurolettico" venne coniato dai primi clinici
che osservarono la sindrome comportamentale causata quando vennero somministrati
ai pazienti dei farmaci antipsicotici, cioè rallentamento psicomotorio oltre
che quiete emotiva ed indifferenza affettiva. Ciò ha portato a definire i farmaci
antipsicotici che bloccano i recettori dopaminergici come "neurolettici". Nell'uomo
e negli animali, i farmaci antipsicotici neurolettici che bloccano i recettori
dopaminergici della via nigrostriatale causano disturbi del movimento quali
acatisia (un tipo di irrequietezza), distonia (movimenti di contrazione specialmente
della faccia e del collo), tremore, rigidità, e acinesia/bradicinesia (cioè,
mancanza o rallentamento del movimento). Ovviamente, questi effetti dei neurolettici
sono indesiderati, e sono parte del prezzo che si deve pagare per ottenere gli
effetti terapeutici che derivano dal contemporaneo blocco dei recettori dopaminergici
postsianptici della via mesolimbica.
Una via legata alla via dopaminergica mesolimbica è quella mesocorticale.
Il suo ruolo nel mediare i sintomi psicotici positivi e negativi e la sua reazione
ai farmaci neurolettici è ancora materia di discussione. Alcuni ricercatori
credono che questa via sia coinvolta insieme a quella mesolimbica nella mediazione
dei sintomi psicotici positivi, e forse anche in quelli negativi. Questa teoria
ipotizza che il blocco di questa via da parte dei neurolettici è desiderabile
perché aiuta a ridurre i sintomi negativi. Un punto di vista opposto è quello
che i neurolettici convenzionali non siano effettivamente utili per i sintomi
negativi della schizofrenia, e infatti potrebbero produrre un appiatimento emotivo
e vari disturbi collaterali di tipo cognitivo dovuti al blocco dei recettori
dopaminergici di questa via che mimano gli stessi sintomi negativi. Talvolta
questi disturbi cognitivi collaterali all'uso dei neurolettici vengono chiamati
"sindrome deficitaria neurolettico-indotta", e e venne riconosciuta dai primi
clinici quando coniarono il termine di neurolettico come già menzionato. Questa
sindrome deficitaria può essere notata soprattutto in pazienti che prendono
neurolettici e che non hanno alcuna psicosi (come la sindrome di Tourette).
Questa sindrome deficitaria indotta da neurolettici può evidenziarsi in un paziente
schizofrenico che ha già dei sintomi psicotici negativi come un'esacerbazione
di questi sintomi psicotici. Se i sintomi negativi fossero il risultato di un'iperattività
della via dopaminergica mesolimbica, essi dovrebbero essere migliorati dai neurolettici;
se essi fossero il risultato di una ipoattività del sistema dopaminergico mesolimbico,
i sintomi negativi dovrebbero essere peggiorati dai neurolettici.
Attualmente non c'è soluzione a questo dibattito, poiché non c'è un accordo
su quanto positivamente i neurolettici convenzionali trattino i sintomi negativi,
se il ruolo che i neurolettici hanno nel produrre gli effetti collaterali come
i sintomi negativi della psicosi equivalga alla riduzione concomitante dei sintomi
positivi, e infine se la via dopaminergica mesocorticale medi i sintomi negativi
o positivi, o gli effetti cognitivi del trattamento neurolettico. Il problema
farmacologico irrisolto è cosa fare se si desidera simultaneamente ridurre la
dopamina per trattare i sintomi positivi teoricamente mediati dalla via
dopaminergica mesolimbica e contemporaneamente aumentare la dopamina per
trattare i sintomi negativi ed evitare i disturbi cognitivi farmaco-indotti
mediati dalla via dopaminergica mesocorticale.
Questo può essere affrontato con l'uso di agonisti parziali dopaminergici come
verrà discusso in seguito.
L'ultima via dopaminergica importante è quella che controlla la secrezione
di prolattina, chiamata via dopaminergica
tubero-infundibolare. Quando i recettori dopaminergici di questa via vengono
bloccati, i livelli di prolattina aumentano, talvolta così tanto che nelle donne
può comparire lattazione inappropriata, una condizione conosciuta come galattorrea.
In dettaglio i neuroni contenenti dopamina possono essere suddivisi in tre tipi morfologicalmente distinti tra loro:
Neuroni con assoni ultracorti;
Neuroni con assoni di lunghezza intermedia;
Neuroni dalle lunghe proiezioni
1) Neuroni con assoni ultracorti come quelli delle cellule amacrine che collegano
gli strati plessiformi interno ed esterno della retina e quelli periglomerulari
del bulbo olfattorio che collegano i dendriti delle cellule mitrali che si trovano
in glomeruli adiacenti tra loro
2) Neuroni con assoni di lunghezza intermedia come quelli dell'ipotalamo
mediobasale (xxv) che proiettano dai nuclei
arcuato e periventricolare dell'ipotalamo
verso l'eminenza mediana ed il lobo intermedio dell'ipofisi e liberano dopamina
direttamente nei vasi del sistema portale
ipofisario. La dopamina raggiunge così recettori di tipo D2 presenti nelle
cellule mammotrope dell'ipofisi anteriore, inibendo la secrezione di prolattina.
(25). Il blocco della trasmissione dopaminergica
a questo livello è responsabile dell'iperprolattinemia e dei disturbi ad essa
associati in corso di terapia con farmaci che antagonizzano i recettori di tipo
D2. Altri neuroni con assoni di lunghezza intermedia sono quelli incertoipotalamici
che connettono l'ipotalamo dorsale e posteriore con il nucleo laterale del setto
e con il nucleo ipotalamico dorsale anteriore e, infine, quelli della midollare
periventricolare che includono quei neuroni dopaminergici lungo il perimetro
del nucleo motorio dorsale del vago, il nucleo del tratto solitario e le cellule
distribuite nella sostanza grigia periacqueduttale
3) Neuroni dalle lunghe proiezioni i cui corpi cellulari sono localizzati nella
pars compacta della substantia nigra
del mesencefalo e proiettano le loro terminazioni a livello del neostriato
(principalmente il caudato
e il putamen
).
Il sistema dopaminergico nigro-striatale
fa parte del sistema extrapiramidale, la cui funzione principale è quella di
controllare il tono muscolare e la coordinazione motoria. La degenerazione dei
corpi cellulari di questi neuroni rappresenta la base etiopatogenetica del Morbo
di Parkinson, che si manifesta con rigidità, tremori e acinesia. Il blocco
farmacologico dei recettori dopaminergici striatali è responsabile della sindrome
simil-parkinsoniana, che si manifesta in corso di trattamento con antipsicotici
classici.
Altri neuroni dalle lunghe proiezioni sono quelli che partono dall'area ventrale
tegmentale (VTA) del mesencefalo, in minor misura, dalla parte mediale della
substantia nigra. Le loro fibre vanno a innervare la corteccia
limbica (media prefrontale; cingolata; entorinale) (via mesocorticale) e
altre strutture limbiche
(nucleo laterale del setto; tubercolo olfattorio; setto del nucleus accumbens;
complesso amigdaloideo; corteccia piriforme) (via
mesolimbica).
Le cellule dopaminergiche della regione ventro-tegmentale ricevono segnali disparati
e numerosi neurotrasmettitori e peptidi sono stati rilevati in quest'area (xxvi).
La distruzione selettiva di queste cellule tramite impulsi a radio-frequenza
produce una complessa sindrome comportamentale (xxvii)
caratterizzata da: iperattività locomotoria con ridotta esplorazione; profondi
deficit nella capacità di regolare il comportamento (xxviii);
soppressione di comportamenti innati considerati fondamentali per la sopravvivenza
del singolo e della specie (xxix); incapacità
di apprendere mediante stimoli condizionati di tipo avversivo; ridotta autostimolazione
intracranica e autosomministrazione di sostanze d'abuso. Tali deficit sono correlati
con una riduzione dei livelli di dopamina nella corteccia frontale antero-mediale
e, in misura minore, nel nucleus accumbens ma non nel caudato-putamen o con
i livelli di serotonina o noradrenalina che, viceversa, restano nella norma
in ciascuna di queste regioni. Questo sistema è ritenuto quello maggiormente
implicato nel controllo delle funzioni cerebrali superiori e delle emozioni.
La dopamina è una catecolamina, cioè una sostanza costituita da un nucleo catecolico
(un anello benzenico con due gruppi ossidrilici), al quale è legato un gruppo
etilaminico. La dopamina viene sintetizzata
a partire dalla tirosina, un aminoacido normalmente presente nella dieta, che
deve attraversare la barriera ematoencefalica quindi venire attivamente concentrato
nel neurone dopaminergico. Il primo passaggio, che è anche la tappa limitante
nella sintesi della dopamina, è rappresentato dall'aggiunta di un secondo ossidrile
all'anello benzenico della tirosina.
In questo modo la tirosina viene trasformata in L-DOPA (L-diidrossifenilalanina)
ad opera della tirosina idrossilasi (TH). Lo stadio successivo nella sintesi
del neurotrasmettitore è la trasformazione della DOPA in dopamina ad opera della
DOPA-decarbossilasi, che rimuove il gruppo carbossilico (-COOH) dalla catena
laterale della DOPA. Questo enzima non è specifico per la DOPA, potendo decarbossilare
altri aminoacidi dotati di un anello benzenico (ed è perciò genericamente definito
decarbossilasi degli aminoacidi aromatici) ed è così rapido che non viene mai
saturato dal substrato. Ciò ha un importante implicazione farmacologica; proprio
perchè la DOPA-decarbossilasi è un enzima ad altissima affinità ed è normalmente
non saturato, i livelli endogeni di L-DOPA sono praticamente nulli, è quindi
possibile potenziare in modo considerevole la sintesi di dopamina mediante la
somministrazione esogena di DOPA. Si tratta tuttavia di un aumento aspecifico
di dopamina in tutte le aree che contengono attività enzimatica della DOPA-decarbossilasi
e non invece in quelle regioni dove si vorrebbe ottenere un potenziamento selettivo
della trasmissione dopaminergica. Viceversa, i livelli di tirosina sono relativamente
alti nel S.N.C. e, di solito, a concentrazioni più elevate della Km della TH
ed è pertanto illogico aspettarsi un aumento della sintesi di dopamina aumentando
i livelli di tirosina nella dieta.
Visto il suo ruolo fondamentale nella sintesi della dopamina la TH è sotto il
controllo di diversi fattori: a) la dopamina e le altre catecolamine ne inibiscono
l'attività (inibizione da prodotto finale) competendo con il cofattore tetraidrobiopterina
(BH-4); b) la TH viene trasformata nella forma attiva, che ha una maggiore affinità
per il BH-4, mediante una reazione di fosforilazione, che è proporzionale al
firing del neurone presinaptico; c) i recettori dopaminergici presinaptici,
che rappresentato importanti siti d'azione per la manipolazione farmacologica
della trasmissione dopaminergica,
in grado di modulare la sintesi e rilascio di dopamina nello spazio sinaptico.
La dopamina così sintetizzata nel citoplasma viene catturata e concentrata
all'interno delle vescicole sinaptiche attraverso un processo di trasporto attivo.
L'immagazzinamento all'interno delle vescicole ha lo scopo di proteggere la
molecola dalla distruzione enzimatica ad opera della monoaminossidasi (MAO),
ed è essenziale per il processo di liberazione del neurotrasmettitore nello
spazio sinaptico da parte dell'impulso nervoso. All'arrivo di questo, le vescicole
che sono accumulate nella terminazione nervosa per effetto dell'onda di depolarizzazione,
fondono la loro membrana con quella del neurone e si aprono, svuotando il loro
contenuto nello spazio sinaptico, in un processo dinamico che richiede la contemporanea
mobilizzazione di ioni calcio. La quota (quantum)
di dopamina
rilasciata nello spazio sinaptico è funzione della frequenza e del tipo di firing
neuronale, il cosiddetto burst-firing condurrebbe ad un maggiore rilascio di
dopamina, sotto il controllo degli autorecettori dopaminergici. In generale,
gli agonisti dopaminergici inibiscono, mentre gli antagonisti aumentano, il
rilascio di dopamina dalla terminazione nervosa.
La membrana delle terminazioni dopaminergiche possiede delle proteine altamente
specializzate nel trasportare la dopamina
in entrambe le direzioni ed in relazione al gradiente di concentrazione presente
sulle due facce della membrana. Tali meccanismi di trasporto specifico sono
in grado di influenzare la trasmissione dopaminergica, ricatturando rapidamente
la dopamina dallo spazio sinaptico verso il terminale nervoso. Il c-DNA per
il trasportatore della dopamina (DAT) è stato clonato e caratterizzato (xxx),
si tratta di una proteina di 619 aminoacidi che appartiene alla famiglia delle
pompe plasmatiche Na+ / Cl - che utilizzando l'energia del gradiente del Na+
generata dalla ATPasi scambiatrice Na+ / K+ ricattura la dopamina immediatamente
dopo il suo rilascio nello spazio sinaptico. Una volta liberata nello spazio
sinaptico, la dopamina diffonde lungo la sinapsi e interagisce con i recettori
specifici situati nella membrana postsinaptica. L'interazione del neurotrasmettitore
con il recettore dà luogo a tutta una serie di eventi nel neurone che, come
vedremo in seguito, sono diversi a seconda del tipo di recettore dopaminergico
interessato e che conducono a differenti risposte biologiche.
A livello molecolare l'effetto della dopamina dipende dall'espressione di specifici
recettori e dalla loro modulazione anche da parte di altri neurotrasmettitori.
Due tipi di recettori dopaminergici, denominati
D1 e D2
sono stati identificati sulla base delle loro differenti caratteristiche farmacologiche
e biochimiche, con una diversa affinità di legame sia per la stessa dopamina
che per molti altri agonisti ed antagonisti, naturali o di sintesi. Per ragioni
di nomenclatura è stato recentemente proposto che le famiglie dei recettori
dopaminergici siano identificate rispettivamente con la sigla D1 e D2 mentre
i singoli recettori siano definiti come D1,
D2, D3, D4,
D5 (xxxi). I recettori
D1 e D5 possiedono una farmacologia
di tipo D1, mentre i recettori D2, D3
e D4 sono assimilabili da una farmacologia di tipo D2.
I recettori tipo D1 includono ovviamente i D1 ed i D5
ed attivano la adenilato ciclasi e attraverso di essa mediano la fosforilazione
di una proteina denominata DARRP-32; mentre quelli tipo D2 includono oltre ai
D2, di cui esistono due isoforme, distinte sulla base
di uno splicing alternativo che modifica la lunghezza della terza porzione intracitoplasmatica,
sono accoppiati a sistemi di trasduzione diversi tra cui l'inibizione della
adenilato ciclasi, la soppressione di correnti al Ca++, l'attivazione di quelle
al K+ e la modulazione del metabolismo del fosfoinositolo.La trasduzione del
segnale dei recettori D3 e D4 non
è stata ancora definita in modo certo.
In base della loro localizzazione i recettori dopaminergici possono essere
distinti in recettori postsinaptici e recettori
presinaptici. I primi sono sui dendriti, sul corpo cellulare o sulle terminazioni
nervose di neuroni non dopaminergici (neuroni GABAergici, colinergici, glutaminergici,
ecc.). I recettori pre-sinaptici sono localizzati nelle terminazioni nervose,
sui dendriti e sul corpo cellulare dei neuroni dopaminergici.
I recettori localizzati sul neurone dopaminergico vengono genericamente chiamati
autorecettori: di questi quelli localizzati sulle terminazioni nervose vengono
più precisamente definiti autorecettori presinaptici (xxxii).
Sia gli autorecettori che i recettori postsinaptici sono attivati dalla dopamina
liberata dal neurone dopaminergico.
Il ruolo fisiologico degli autorecettori sembra essere quello di impedire un'eccessiva
attività del neurone dopaminergico. Secondo questa ipotesi, quando la dopamina
viene liberata in eccesso dal neurone dopaminergico, interagisce essa stessa
con gli autorecettori ed inibisce la sintesi e la liberazione del neurotrasmettitore
e l'attività elettrica del neurone dopaminergico. Questo ultimo effetto è prodotto
dalla dopamina liberata dai dendriti. Recenti ricerche, infatti, hanno dimostrato
che il neurone dopaminergico libera dopamina non solo dalle terminazioni nervose,
ma anche dalle varicosità dei dendriti (xxxiii).Esistono
dei farmaci dopamina-agonisti capaci di stimolare preferenzialmente o selettivamente
gli autorecettori rispetto ai recettori postsinaptici. Questi farmaci inibiscono
l'attività dei neuroni dopaminaergici e possono esplicare un effetto antipsicotico.
L'RNA messaggero per i recettori D1
e D2
è maggiormente rappresentato rispetto a quello degli altri membri della stessa
famiglia. Il messaggero dei D5 è presente solo a livello
di alcuni nuclei talamici e ipotalamici e nelle cellule dell'ippocampo, mentre
quello dei D1 è diffuso in tutto il S.N.C.. Allo stesso
modo il messaggero dei D2 è molto più rappresentato di quello dei D3.
Tale espressione differenziale suggerisce un ruolo più generale dei "classici"
recettori D1 e D2 rispetto ad un
probabile ruolo più specifico dei D3,
D4 o D5.
A livello diencefalico l'espressione dei messaggeri per i recettori dopaminergici
è inferiore se comparata con quella di altre regioni del S.N.C.. Il mRNA per
recettore D1 è ben espresso nel talamo
in tutti i nuclei, mentre quello per i D2 appare più selettivamente
rilevabile nelle cellule della zona incerta, e quello per i D3
è prominente nei nuclei paraventricolari,
e meno chiaro in quelli centromediali, ventromediali e ventrolaterali. Nell'ipotalamo
le cellule che esprimono il mRNA per i D1 presentano una
distribuzione molto più limitata, con una localizzazione soprattutto nei nuclei
sopraottici e soprachiasmatici, mentre le cellule positive per il mRNA D2
sono distribuite a "macchia di leopardo".
Dei recettori dopaminergici sinora clonati quelli D2
sono più abbondantemente espressi nel mesencefalo dove hanno una funzione nella
regolazione di numerose attività autonomiche e del rilascio di dopamina. In
questa regione le cellule che esprimono il mRNA per i D2
sono quelle della substantia nigra pars compacta e della VTA. Il messaggero
per i recettori D2 è altamente espresso anche nella parte
caudale della sostanza reticolare e nel nucleo magnocellulare della via rubro-spinale
e nel grigio periacquedottale.
Un alto livello di binding (proteine) per i recettori D1
viene rilevato nella substantia nigra pars reticulata, ma nessuna cellula presenta
livelli misurabili di mRNA per questi recettori né nella substantia nigra pars
reticulata né nella VTA. Questi recettori sono localizzati su terminazioni nervose
di neuroni GABAergici, il cui corpo cellulare è nello striato (neuroni striato-nigrali).
Così come si è già detto per gli autorecettori, anche questi recettori D1,
sono stimolati dalla dopamina liberata dalle varicosità dei dendriti dei neuroni
dopaminergici. La presenza del messaggero per i recettori D3
nella substantia nigra è contraddittoria. Il messaggero per i recettori D2
è altamente espresso in numerosi nuclei
del raphe dove potrebbe avere un ruolo nel regolare il rilascio di serotonina.
I farmaci capaci di attivare i recettori D1 sono oltre alla dopamina, la apomorfina,
il pergolide, ed i composti dihydrexina (agonista totale), SKF 38393 (agonista
parziale), SKF 82526 (fenoldopam) e SKF81297. Questi ultimi sono selettivi per
i recettori D1, mentre le altre molecole interagiscono
anche con i recettori D2. Il raclopride blocca selettivamente
i recettori D2. Numerosi neurolettici bloccano i recettori D2,
ma essi interagiscono anche con i recettori D1. In ordine di potenza il ziprasidone,
l'olanzapina, il sertindolo, l'aloperidolo
e il flupentixolo, la tioridazina e la clozapina
sono tra gli antipsicotici con maggior affinità per i recettori D1
(xxxiv,xxxv) Recentemente
sono stati individuati dei bloccanti potenti e selettivi dei recettori D1.
Si tratta di derivati delle benzazepine denominati SCH 23390, SKF 83566 e SCH39166,
quest'ultimo utilizzato anche clinicamente. I recettori D1,
sono tutti postsinaptici e sono localizzati nelle aree innervate dai sistemi
dopaminergici (caudato, corteccia frontale, ecc).
I recettori di tipo D2, non sono accoppiati con una ciclasi
o lo sono in modo inibitorio, nel senso che la loro attivazione si traduce in
un'inibizione dell'enzima e della formazione dell'AMPc. Questo tipo di recettori
può essere localizzato sia a livello postsinaptico sia nello stesso neurone
dopaminergico (auto-recettore). I recettori D2, sono stimolati
in modo non selettivo dalla dopamina, dalla apomorfina, dal pergolide e in modo
selettivo da alcuni derivati ergolinici come la bromocriptina, il lisuride e
il quinpirolo (LY 171555). La maggior parte dei neurolettici blocca i recettori
D2, in modo preferenziale rispetto ai recettori D1.
Alcune benzamidi, tra cui l'amisulpride,
bloccano selettivamente i recettori D2 e D3.
L'azione della dopamina liberata nello spazio sinaptico viene rapidamente bloccata
attraverso diversi meccanismi, il più importante dei quali è la ricattura della
dopamina da parte della terminazione nervosa da cui è stata liberata, cui segue
la trasformazione enzimatica in DOPAC ad opera della MAO intraneuronale, un'enzima
localizzato nella membrana esterna dei mitocondri presenti nella terminazione
nervosa dopaminergica. La dopamina deaminata dalla MAO diviene 3,4-diidrossi-fenil-acetaldeide
(DHPA), ed è quindi trasformata per opera di un'aldeide deidrogenasi in acido
3,4-diidrossifenilacetico (DOPAC). La dopamina rilasciata nello spazio sinaptico
può anche essere inattivata e trasformata in acido omovanillico (HVA) al di
fuori del neurone mediante una doppia conversione enzimatica tramite la catecol-O-metiltrasferasi
(COMT) prima e la MAO poi. La COMT, prevalentemente localizzata nel citoplasma
del neurone postsinaptico e, in misura minore, nella membrana, ha il compito
di metilare il DOPAC e trasformarlo in acido omovanillico (HVA).
Il catabolismo della dopamina
può anche aver luogo a livello della sinapsi. In questo caso la dopamina viene
metilata in posizione 3 dell'anello benzenico dalla COMT e trasformata in 3
metossitiramina, (3MTA). Quest'ultima viene poi deaminata dalla monoaminossidasi
e forma la 3-metossi-4-idrossi-fenilacetaldeide (3MHPA), la quale viene trasformata
dall'aldeide deidrogenasi in HVA. Nel ratto il DOPAC rappresenta il principale
metabolita della dopamina e quantità misurabili di HVA e DOPAC sono presenti
sia nella forma libera che sulfo-coniugata, mentre nei primati il principale
metabolita della dopamina è il HVA, di cui solo una piccola parte si trova nella
forma coniugata. Parte della dopamina ricatturata non viene distrutta, ma è
trasportata all'interno delle vescicole, pronta per essere di nuovo rilasciata.